Per i monumenti di Tot

(VITTORIO NISTICO, La Repubblica d’Italia, Roma, 14 November, 1948)

— by VITTORIO NISTICO

il Conte Sforza contro lo Scià di Persia?
Mezzo ungherese e mezzo italiano, lo scultore di via Margutta celebrerà le glorie del soldato iracheno in una piazza di Tehetan
Dobbiamo al buon « naso » del conte Sforza se i nostri rapporti col giovane monarca dell’Iran sono tuttora saldi e integri. Nei giorni scorsi, infatti, abbiamo rischiato di comprometterli, e per motivi – questo è il fatto più singolare – molto diversi da quelli che di solito caratterizzano i flirt e le ostilità con quel vecchio e giovane paese. Il famoso petrolio, quindi, non c’entra.
Ricordate il caso Angioletti? Candidato all’Unescu, Angioletti venne all’improvviso silurato: e fu il modo migliore perchè trovassero pace i concorrenti compatrioti che tra una denunzia e l’altra, tra una candidatura e l’altra, avevano finito per immobilazzare il nostro Ministero degli Esteri, la nostra Ambasciata di Washington e la segreteria dell’ONU. Oggi al posto di Angioletti c’è un intellettuale cinese.
Quanto sto per raccontare è rimasto, chi sa come, fino a questo momento fra le eleganti e antiche mura di Palazzo Chigli, e forse precisamente accanto a quel famoso busto di Colleoni che da Cianno in poi ha assistito col suo duro simbolo il corso della politica estera italiana. Dico: accanto al custo di Colleoni, poichè in causa è uno scultore.
Sebbene faccia e venda molti disegni, Tot è anzitutto uno scultore: anche quando fa disegni. Chi frequenta il Caffè Greco, via Margutta e le altre tappe del piccolo mondo romano che va da piazza del Popolo a piazza di Spagna e giù di li, conosce questo strano artista, mezzo italiano (di adozione), mezzo ungherese (di nastica), mezzo di tanti-dove per attrezzatura di esperienze di sostume: esponente insomma di quel’inquieta fauna internazionale che a Roma ha trovato cittadinanza. Tot è sopratutto noto per le « rondità » che caratterizzano la sua pittura e la sua scultura. E il fatto che applichi questo particolare gusto alle figure umane, specie femminili, con intensa e inquieta sensualità, lo ha imposto oltre che all’attenzione della critica e nonostante la drammaticità della sua mitologia, alla curiosità dei salo..i (?) e di certi uomini e donne « in cerca di sensazioni ».
Nei mesi dopo la liberazione, quando Roma divenne non un bivacco, ma un allegro ritrovo di ufficiali e truppa scelta USA, Tot fu artista frequentato e « venauto ». Un po’ per il fatto che conosceva diverse lingue, un po’ perchè aveva avuto contatti con gli alleati durante la guerra in qualità di paracadutista al servizio del comando alleato in Italia, e sopratutto per quella sua interpretazione mitologica e « gigantesca » della realità edierna, riuschi a prendere il gusto di quei nostri ricchi ospiti.
Il sabato - Tot divenne addirittura un’istituzione: l’ambiente di via Margutta prendeva contatto, in quell’occasione tra un thè e una istantanea con gli ufficiali americani di Palazzo Margherita; e quella Roma piena di gatti siamesi, di singolare bohème, di vivace provincialismo ne innamorò più a’uno. Francis Key e Laslie Gill ne parlarono sui grandi giornali a rotoclato americani, e un buon reportage su Tot comparve su « Life ». Vi comprave variamente fotografato, con i suoi gatti e le figure femminili dalle rotondita tremendamente sproporzionate.
Certo è che si lesse di lui persino nel’Iran e il giovane Scià che, a quanto dicono, segue con particolare cura le tendenze e gli avvenimenti delle cronache occidentali, ne prese appunto al suo taccuino. Tanto è vero che ospite a Roma del Presidente Finaudi nel mese di settembre una volta compiuti i doveri di rito, non ha mancato di cercare contatto con l’artista di via Margutta.
Una mattina, infatti, Tot riceveva una singolare telefonata. Dall’altro capo della linea una strana voce, che si presentava per dott. Mesbach, direttore del giornale di Teheran, Kanoyan, al seguito di S.M. gli faceva presente che la Scià avrebbe avuto piacere di conoscerlo. Fu fissato un appuntamento e il pomeriggio Tot si presentava all’Hotel Excelsior, per essere ricevuato dal re. Com’è note lo Scià passa per un vaiente aviatore: e fra gli aviatori il cameratismo è un rapporto di facile nechito. Tot, infatti, si trovò a suo agio. Lo scultore se ne usci dall’albergo di via Veneto con una « commissione » per le mani: il monumento nazionale el Soldato dell’Iran.
In piazza dei Ministeri a Teheran, Tot darà mano fra poco all’opera. Per ora ha approntato il progetto.
Il « comlesso » avrà notevoli proporzioni: un basamento alto 4 m e, sopra, una figura di m. 3.50, intorno al basamento correranno 15 metri quadrati di bassorilievo che narrerano dell’antica storia persiana. Dorio e Serse in testa. Altro bassorilievo intorno alla base della figura racconterà della storia recente.
L’incarico affidato a Tot è certamente una di quelle « fortune » che fanno gola a ogni altro uonio del mestire. E a molti colleghi romani ha fatto gola a tal punto che una loro commissione ha pensato di rivolgersi addirittura al Ministero degli Esteri .... (?) protessare contro l’offesa che sarebbe stata arrecata dal re dell’Iran agli artisti italiani col preferire uno di origine non italiana. Si è chiesto, in altri termini, che il Ministro Sforza facesse una tiratina d’orecchio alla Scià di Persia, e in più presentasse delle proposte altri nomi.
« Ma cio significherebbe creare un incidente diplomatico », è stato risposto allora alla commissione. « Va bene, ma qui si tratta di difendere la dignità nazionale, e oltre tutto di una regolare questione di esportazione, oggi che l’ingegno è l’unica materia prima che l’Italia può esportare ». « E allora – avrebbe fatto sapere qualche giorno dopo Sforza – se si tratta di un problema di esportazione, si rivolgano al ministro comperente a Merzagora. Che c’entro io?
In ogni modo, la vicenda non è finita qui. Altri « passi » si sono fatti presso il Ministro dell’Iran a Roma e pare anche, presso la gentile consorte e persino presso una Ambasciata assai influente. Intanto Tot sta preparando la valigia, e pensa a Teheran.